Lo studio
La sindrome dell’ovaio policistico è una condizione piuttosto complessa che spesso può avere ritardi nella diagnosi, compromettendone così la gestione e in generale il benessere della donna.
Da questa premessa è nato lo studio di Melanie Gibson-Helm et al., condotto dall’Università della Pennsylvania, che ha coinvolto 1385 donne PCOS che vivono nell’America del Nord (53%), in Europa (42,2%) e in altri paesi del mondo (4,9%), e di questi il 64,8% ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. [1]
Qual è l’esperienza nella diagnosi per le donne PCOS?
La diagnosi di una patologia ha un impatto molto importante sul benessere fisico ed emotivo, soprattutto in una sindrome come quella dell’ovaio policistico dove un approccio immediato e multidisciplinare è fondamentale.
Nella PCOS si riscontrano molto spesso diagnosi tardive e le ragioni di questo fenomeno sono molte, senza contare che possono contribuire anche le variazioni nelle caratteristiche dovute all’origine etnica, ai fattori genetici e ai fattori ambientali. Inoltre, in adolescenza la PCOS è molto difficile da diagnosticare perché le caratteristiche della sindrome possono essere simili al normale sviluppo puberale.
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I dati emersi dallo studio dimostrano proprio la difficoltà delle donne di ricevere una diagnosi, tanto che quasi la metà delle partecipanti ha visto ≥3 operatori sanitari prima che fosse diagnosticata la PCOS e per un terzo di queste ci sono voluti più di 2 anni. Solo il 35,2% afferma di essere soddisfatto della propria esperienza e addirittura appena il 15,6% lo è delle informazioni sulla sindrome fornite al momento della diagnosi. Inoltre, più della metà delle donne ha riferito di non aver ricevuto informazioni sulle possibili complicazioni a lungo termine o su un’eventuale consulenza emotiva.
Interessanti sono anche i dati che riguardano la posizione geografica: in Europa il tempo medio per avere una diagnosi PCOS è >5 anni ma allo stesso tempo, rispetto alle donne del Nord America, in genere non si consultano più di 3 professionisti sanitari.
Invece, per quanto riguarda la soddisfazione della diagnosi risultano fondamentali sia il numero di medici consultato (≥5) che il tempo necessario per avere la diagnosi (>6 mesi); mentre non sembrano rilevanti fattori come età e paese di residenza.
Quali sono i quattro tratti clinici della PCOS che preoccupano di più?
Nello studio è stato chiesto alle donne quali sono i tratti clinici che destano maggiore preoccupazione e quelli indicati corrispondono anche ai fattori determinanti nella riduzione della qualità di vita e sono:
- difficoltà a perdere peso,
- cicli mestruali irregolari,
- infertilità,
- irsutismo.
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Tuttavia, le differenze dei segni e sintomi che preoccupano di più risultano variare anche in base all’età e alla regione di residenza.
Nelle donne di età compresa tra 18 e 25 anni emerge che le preoccupazioni maggiori sono date dai cicli irregolari e dalle cisti ovariche, mentre preoccupa meno la resistenza all’insulina. Le donne di età compresa tra 36 e 45 anni vedono invece con maggior timore, rispetto a quelle di età tra i 26 e i 35 anni, la crescita eccessiva dei peli, l’aumento di peso, la resistenza all’insulina e l’aumento del rischio di complicanze metaboliche. Infine, per le donne di età superiore ai 45 anni i tratti clinici che destano maggiore preoccupazione sono la resistenza all’insulina e l’aumento del rischio di complicanze.
Per quanto riguarda l’area geografica, le donne europee, rispetto a quelle del Nord America, sono maggiormente preoccupate dall’ansia, della depressione e dell’iperandrogenismo clinico. Sembrano avere meno timore invece della difficoltà di perdere peso, dello squilibrio ormonale e della resistenza all’insulina, probabilmente perchè sovrappeso, obesità e diabete sono prevalenti negli Stati Uniti.
Come si possono supportare al meglio le donne PCOS?
Alla domanda “Come possiamo supportare al meglio le donne con PCOS?” le pazienti hanno risposto che desiderano essere sostenute in vari modi:
- il 90,3% tramite materiali educativi;
- il 70,1% con forum e workshop;
- il 65% tramite in sito web dedicato alla PCOS
- il 59,9% con un invio regolare di email sulla sindrome dell’ovaio policistico.
È evidente quindi che il sostegno attraverso una serie di modalità risulti vantaggioso sia per la gestione dello stile di vita, sia per le strategie preventive.
In particolare, anche un precedente studio ha dimostrato come i gruppi di supporto online aiutano le donne a creare fiducia nella comunicazione con gli operatori sanitari e nel migliorare l’autogestione della sindrome. [2]
Conclusioni
Un tempo più lungo per la diagnosi e un maggior numero di operatori sanitari consultati sono associati negativamente all’esperienza della donna PCOS. Inoltre, la mancanza di informazioni fornite dai medici al momento della diagnosi sulla PCOS, sulla gestione dello stile di vita e sulla terapia medica risulta determinante nel generare insoddisfazione nelle pazienti.
Le preoccupazioni sui tratti clinici della sindrome variano invece molto in base alle aree del mondo e all’età della donna anche se l’eccesso di peso sembra essere quello che preoccupa maggiormente, sottolineando la necessità di condurre uno stile di vita sano. Questo dato evidenzia come sia necessario dare priorità alle preoccupazioni individuali come fattore principale nella gestione della PCOS.
In questo contesto risulta quindi fondamentale sensibilizzare tutti gli operatori sanitari per migliorare l’esperienza di diagnosi, l’informazione e la gestione della sindrome.
Fonti
[1] M. G. Helm et al., Delayed Diagnosis and a Lack of Information Associated With Dissatisfaction in Women With Polycystic Ovary Syndrome
[2] S. Holbrey e N. S, Coulson, A qualitative investigation of the impact of peer to peer online support for women living with Polycystic Ovary Syndrome