La community sulla sindrome dell'ovaio policistico
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Lo studio

La PCOS è uno dei disturbi endocrini più comuni tanto che colpisce l’8-13% delle donne in età riproduttiva. [1] È ormai risaputo che la PCOS è una sindrome che non coinvolge solo gli aspetti fisici ma anche psicologici della donna che ne soffre.

La letteratura scientifica ha proprio dimostrato che molte donne affermano di non ricevere informazioni sufficienti sulla loro condizione e sono frustrate dalla conoscenza limitata della PCOS che trovano nei professionisti e dai loro approcci alla diagnosi e alla gestione della PCOS.

Se vuoi approfondire questo argomento leggi anche Diagnosi, preoccupazioni e supporto nella PCOS

Da questa premessa è nato lo studio di M. Ismayilova, che ha coinvolto 25 donne PCOS, arruolate per un’intervista telefonica, che vivono che vivono in Canada con un’età compresa tra 18 e 63 anni e che hanno riportato una diagnosi medica di PCOS. Sette partecipanti avevano già dei figli, mentre nove stavano cercando una gravidanza e il tempo medio trascorso dalla diagnosi PCOS era di 5,5 anni al momento dell’arruolamento nello studio. [2]

Fattori che hanno influito negativamente nella gestione della PCOS

Tra i fattori esterni e interni che le donne hanno indicato per aver influito negativamente nella gestione e nella convivenza con la PCOS troviamo:

Guida e personalizzazione insufficienti dei piani di trattamento da parte degli operatori sanitari
Il 68% delle partecipanti, ovvero 17 su 25, ha affermato di non aver ricevuto informazioni sufficienti sulle opzioni di trattamento o indicazioni da parte dei medici nell’elaborazione di un piano di trattamento personalizzato. In particolare, i medici di famiglia sono stati citati nel 36% delle esperienze perchè non particolarmente coinvolti nella gestione della sindrome, tanto da non consigliare neanche un consulto con un team multidisciplinare di specialisti. Questo ha così portato alla necessità di dover prendere decisioni e trovare informazioni per conto proprio, come dimostrano le parole delle intervistate:

Josie (27 anni) ha affermato proprio di non poter fare affidamento sul suo medico di base che le ha offerto pochissime indicazioni:
“È molto frustrante perché dovevo chiedere io di essere indirizzato a quel medico, piuttosto che a un altro o se avevo bisogno di fare un determinato esame. Di solito sono quindi io il medico di me stessa.”

Supporto insufficiente per i sintomi correlati alla salute mentale
Diverse intervistate, che hanno riscontrato problemi di salute mentale a causa della PCOS, hanno affermato di non aver ricevuto nessun sostegno da parte dei medici di famiglia (solo l’8% si è occupato di questo aspetto):

Divya (22 anni) ha addirittura confidato che il medico evitava di parlare dell’aspetto psicologico:
“So che la PCOS è potenzialmente collegata anche a problemi di salute mentale e ricordo di aver sollevato questa cosa, ma il medico ha semplicemente evitato di parlarne, come se non volesse affrontare l’argomento. Forse per lui era troppo difficile e destava troppa preoccupazione occuparsi dell’aspetto psicologico”.

Consigli insufficienti per la gestione dello stile di vita
Seguire uno stile di vita sano è uno dei primi approcci nella gestione della sindrome dell’ovaio policistico e in quest’ottica al 44% delle intervistate è stato consigliato di perdere peso, senza però dare nessun tipo di consiglio a riguardo e senza rimandare a uno specialista in nutrizione.

Lucy (47 anni) ha proprio spiegato la sua frustrazione per il supporto inesistente da parte del suo medico nella perdita di peso:
“Mi è stato detto di perdere peso, ma detto così è praticamente inutile se non vengono anche dati dei consigli su come farlo, attraverso un’alimentazione sana e bilanciata e facendo attività sportiva.“

Mancanza di empatia nei medici
Il 24% delle intervistate ha affermato che la mancanza di empatia, le scarse capacità di ascolto e i pregiudizi verso il peso corporeo rappresentano degli ostacoli che portano a non sentirsi supportate nella gestione della PCOS.

Holly (29 anni) ha proprio sottolineato come molti medici che ha incontrato non sapessero molto di PCOS, ma la sua frustrazione più grande derivava dalla loro mancanza di preoccupazione ed empatia:
“Non biasimo i medici per non sapere tutto, ma per la totale incapacità di ascoltare. Che senso ha così andare dal medico?”

Mancanza di informazioni da parte dei medici che ritardano la gestione nei giovani
Alcune partecipanti a cui è stata diagnosticata la PCOS in adolescenza hanno riflettuto sul fatto che mai è stata riferita loro la possibilità di comprendere appieno le implicazioni a lungo termine della PCOS o l’importanza della gestione di segni e sintomi. Questo ha portato quindi a normalizzare i sintomi e a ritardarne la gestione molto più tardi negli anni.

Margaret (33 anni) ha spiegato nel dettaglio come nonostante abbia ricevuto una diagnosi PCOS a soli 20 anni, la poca attenzione e scrupolosità del suo medico abbia influenzato il suo atteggiamento nei confronti della proprio salute:
“Per così tanto tempo la PCOS non è stato un problema per il medico che mi seguiva, fino a quando non ho incontrato uno specialista che abbia preso sul serio la cosa e abbia iniziato a trattarla come doveva. Forse era il caso di iniziare questo percorso 10 anni fa e non solo ora”.

Se vuoi approfondire questo argomento leggi anche PCOS e adolescenza, cosa c’è da sapere

Necessità di ricevere maggiori informazioni per le donne che si avvicinano alla menopausa
Per le partecipanti in prossimità della menopausa è emersa una barriera molto evidente quando hanno dovuto imparare a gestire nuovamente i sintomi, spesso senza alcuna guida medica.

Al momento dell’intervista, Vanessa (63 anni) era in postmenopausa e stava affrontando diversi problemi di salute e aveva molte domande senza risposta su come la PCOS avrebbe influenzato la sua vita in quel periodo così delicato. Dieci anni prima, all’età di 53 anni, un endocrinologo le aveva sospeso alcuni farmaci:
“Negli ultimi 10 anni ho sospeso tutte le cure tra metformina e contraccettivi, ma la prossima settimana vado da uno specialista per vedere se riesco a trovare una soluzione perchè il mio attuale stato di salute sta peggiorando.”

È evidente, quindi, come i sintomi di Vanessa sono gradualmente peggiorati negli anni e non è stata seguita in alcun modo su come stessero andando le cose senza terapie:
“Non c’è stato alcun follow-up per vedere come stavo, cosa stesse succedendo e se fosse necessario assumere qualche altro farmaco. Sta sempre al paziente capire cosa fare e a chi rivolgersi.”

Se vuoi approfondire questo argomento leggi anche PCOS: cosa succede quando arriva la menopausa?

Fattori che hanno influenzato positivamente la gestione della PCOS

Per quanto riguarda, invece, fattori esterni o interni che hanno influenzato positivamente l’esperienza nella gestione della PCOS troviamo:

Medici attenti, coinvolti ed empatici che hanno aiutato nonostante la poca conoscenza della PCOS
Quasi la metà delle partecipanti, il 40%, era seguita da medici che non aveva una conoscenza approfondita della PCOS; tuttavia, l’esperienza dell’accesso alle cure di queste pazienti è stata totalmente positiva grazie al sostegno degli operatori sanitari. Le intervistate si sono sentite supportate, ascoltate e indirizzate verso la ricerca di diverse opzioni utili al trattamento della sindrome, fornendo inoltre informazioni, rassicurazioni e mostrando empatia.

Lizzie (27 anni) ha un rapporto molto comunicativo con il suo nuovo medico di famiglia che l’ha aiutata ad accedere alle cure e a sentirsi supportata:
“Quando entro nello studio racconto cosa sento e a cosa a sto pensando. Abbiamo una discussione piuttosto aperta, anche se non siamo sempre d’accordo. Tuttavia lei è molto coinvolta e mi fa tornare ogni due settimane per vedere come procede con le terapie che abbiamo intrapreso.“

L’informazione autonoma
Un significativo fattore positivo riscontrato dall’88% delle intervistate, ovvero 22 su 25, è l’autoeducazione, che le ha aiutate in una migliore comprensione della loro condizione e nella ricerca di opzioni terapeutiche per gestire segni e sintomi della PCOS.

Mary (27 anni) ha descritto come, attraverso la ricerca autonoma delle informazioni, è stata in grado di trovare la giusta strada da seguire per gestire la sindrome:
“In realtà non mi sono state fornite molte risorse. Mi sento come se una volta saputo cosa avessi sarei stata in grado di difendere e curare da sola me stessa.”

Supporto sociale nella vita reale e online
Il supporto sociale si è rivelato un fattore positivo per il 72% delle intervistate, che si sono rivolte ad amici e familiari o community online per ricevere supporto nell’affrontare i problemi di salute. In particolar modo, quando veniva a mancare un supporto nella vita reale, si sono dimostrati fondamentali i gruppi PCOS online per informarsi e supportarsi.

Jamila (26 anni) ha parlato proprio dell’importanza del supporto ricevuto online, poichè non era stata in grado di trovare sostegno nei suoi amici che non potevano comprendere appieno il suo disagio:

“Nella community di cui faccio parte le persone hanno gli stessi miei problemi. Mi piace molto farne parte ed entrare in contatto con le persone. Prima invece non avevo alcun supporto ed ero depressa, ora invece mi sento molto meglio perché posso parlare con qualcuno che mi capisce.”

Conclusioni

Le esperienze delle donne PCOS sono sempre diverse, anche se certi versi si somigliano. È per questo che bisogna parlare sempre di più di questa sindrome che se affrontata con il giusto approccio può essere gestita.

In questo contesto risulta quindi fondamentale sensibilizzare tutti gli operatori sanitari per migliorare l’esperienza di diagnosi, l’informazione e la gestione della sindrome.

Fonti

[1] G. Bozdag et al., The prevalence and phenotypic features of polycystic ovary syndrome: a systematic review and meta-analysis
[2] M. Ismayilova, S. Yaya, ‘I’m usually being my own doctor’: women’s experiences of managing polycystic ovary syndrome in Canada

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